La tecnica di puntura Buttonhole

La tecnica di puntura Buttonhole

Dott. ssa Marisa Pegoraro, infermiera specializzata in emodialisi prezzo l’Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda, membro della società scientifica EDTNA/ERCA, Past President della società scientifica SIAN.

 

Nei nostri Ospedali e Centri per la dialisi si sta diffondendo la tendenza a ricorrere alla tecnica di puntura cosiddetta Buttonhole, anche e soprattutto per chi sceglie la dialisi domiciliare. È importante sapere in cosa consiste, quando è possibile adoperarla e come mantenere la sua fistola. Ce ne parla di seguito la dott.ssa Pegoraro.

La tecnica di puntura Buttonhole – letteralmente occhiello, asola, sito del bottone – prevede che ad ogni dialisi gli aghi siano messi esattamente nello stesso punto, con la stessa inclinazione e posizione. Prima di inserire gli aghi la parte va lavata, disinfettata, le croste rimosse con un protocollo di gestione semplice che DEVE essere praticato sempre. Vengono scelti i siti di inserzione degli aghi in collaborazione col il paziente, se possibile, e comunque devono essere aree lineari, non in zone articolari, punti non particolarmente dolorosi, per permettere al paziente di praticare l’auto puntura. Dopo un certo numero di punture con i soliti aghi taglienti- almeno 6 o più – si possono usare degli aghi che sono apparentemente uguali agli altri ma non hanno il filetto di taglio, sono appuntiti, ma non taglienti, le punte sono smusse. Sono aghi che possono essere usati solo dove sia già stato creato un “percorso” cicatriziale, dove la coesione dei tessuti è minore. L’ago non tagliente sposta le fibre, si fa strada ed arriva esattamente sempre sullo stesso punto della vena, dove si crea una breccia facilmente superabile dall’ago. È importante che gli aghi siano inseriti bene, seguendo una tecnica delicata, per permettere loro di rimanere sulla “strada” già tracciata dagli altri aghi.

Quando scegliere la tecnica del Buttonhole: le caratteristiche cliniche del paziente

La tecnica Buttonhole è potenzialmente valida per tutti i pazienti; poiché però necessita di particolari attenzioni igieniche e pratiche, sono importanti due componenti: infermieri motivati e capaci, pazienti attenti e volenterosi. Nel caso di persone con malattie del sistema immunitario o malattie croniche che aumentano la fragilità, o per coloro che non sono in grado di praticare da soli l’igiene del braccio, ricorrere alla tecnica Buttonhole può non essere la scelta giusta. I rischi legati a questa tecnica, se non ben eseguita, possono essere maggiori dei benefici, e questo induce gli operatori sanitari, i medici e gli infermieri a preferire altre tecniche di puntura.

I punti di forza della tecnica Buttonhole:

  1. L’estetica. Non si creano quelle brutte dilatazioni, chiamate aneurismi, aneurismi perché, pungendo nello stesso punto, la parete della vena resta solida e non deformata.
  2. Minore dolore. Seppure molto soggettivo, il dolore provato è mediamente minore rispetto a quello che si proverebbe pungendo sempre su siti diversi, perché la sensibilità alla puntura diminuisce man mano che la “strada” si struttura. Particolarmente utile per chi ha una soglia del dolore bassa o chi ha paura degli aghi (agofobia) e nella dialisi pediatrica e dei giovani.
  3. Diminuzione degli errori di puntura. Gli errori di puntura possono creare ematomi e stravasi di sangue intorno alla vena. Questo punto non riguarda solo il paziente, ma anche l’infermiere, che in questo modo crea potenzialmente meno danni, meno dolore.
  4. Tempi più brevi di emostasi a fine dialisi, anche in soggetti in trattamento TAO (Terapia Anticoagulante Orale), perché la cute sana ed elastica intorno ai siti permette una pronta chiusura.

I punti di debolezza della tecnica Buttonhole:

L’unico grosso svantaggio del Buttonhole è la possibilità di incorrere più facilmente nelle infezioni. L’esperienza di questi anni conferma che solo se non vengono applicate bene le procedure, si incorre in questo rischio. Un altro fattore, meno importante, ma frequente, che interessa alcuni infermieri e alcuni pazienti, sono i tempi di attacco che si prolungano di circa 5-10 minuti per l’applicazione puntuale e necessari del protocollo, della rimozione della crosta e l’inserimento dell’ago smusso che è più delicato e lento rispetto l’ago tagliente. Un elemento cruciale è la formazione del personale infermieristico all’aderenza del protocollo di gestione e all’uso dell’ago smusso.

L’infezione della fistola Buttonhole: come affrontarla e soprattutto come prevenirla?

L’infezione della fistola è il punto critico della tecnica Buttonhole. Studi condotti sul tema hanno però evidenziato che, applicando con meticolosità il protocollo di lavaggio del braccio appena prima della dialisi, seguito dalla precisa procedura di “disinfezione-rimozione crosta-disinfezione” (d-r-d), le possibilità di infezione diventano molto remote. Se a questo aggiungiamo la cura post dialisi e all’occorrenza l’uso di medicazioni specifiche, ecco che il problema scompare.

Come medicare la fistola Buttonhole in ospedale e a casa

Alla fine della dialisi, ad emostasi conclusa, eliminate i residui di sangue con soluzione fisiologica e applicate la medicazione. Quest’ultima deve essere tenuta per almeno 5/6 ore dopo la fine della dialisi. Qualora soffriate di malattie della pelle come, ad esempio la psoriasi oppure malattie autoimmuni come il lupus, o, ancora, se per qualche ragione notate il sito arrossato, è opportuno e consigliato l’uso di medicazioni “avanzate” (per esempio il tampone a rilascio di ioni Argento) prima della medicazione di chiusura. L’uso dell’argento non va abbinato al disinfettante, per la sua azione naturalmente antibatterica e stimolante della guarigione.

 

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